Sab. Lug 19th, 2025

Da Milano a Los Angeles: la storia di Pietro Grassi, l’ex capitano rossonero laureato a UCLA

Dai campi del Milan al prestigioso campus californiano: un percorso controcorrente che intreccia calcio, studio e scelte coraggiose

Chi è quel ragazzo con i ricci e la maglia dei Bruins che accende gli irrigatori del campo quando il collaboratore di Chivu dà il segnale? Proprio lui, quel giovane che un tempo si allenava con Ibrahimovic sognando la Serie A, tre giorni fa indossava una toga dopo quattro anni di college completati brillantemente.

Si chiama Pietro Grassi ed è probabilmente l’italiano con la storia più singolare di tutta UCLA, circostanza resa ancor più curiosa in questi giorni in cui l’Inter, squadra del cuore e rivale della sua gioventù calcistica, si è trasferita temporaneamente nel “suo” campus per la preparazione estiva.

Un curriculum calcistico impressionante

Questo ventiduenne dal sorriso gentile e dalla mentalità cosmopolita rappresenta un caso unico nel panorama sportivo italiano: ex capitano delle giovanili del Milan, ex capitano di alcune selezioni giovanili della Nazionale italiana e, fino a pochi mesi fa, ultimo capitano degli storici Bruins di Los Angeles.

La particolarità della sua storia? Nonostante un curriculum che sembrava destinarlo al calcio professionistico, Grassi ha recentemente appeso gli scarpini al chiodo per seguire la strada tracciata dalla sua laurea in Comunicazione con specializzazione in Storia dell’arte. Una decisione sorprendente ma perfettamente in linea con il carattere di questo giovane che ha sempre avuto chiare le proprie priorità.

Dai campi di Milanello al campus californiano

Nel 2020, con la maglia della Primavera rossonera, Pietro si allenava fianco a fianco con Zlatan Ibrahimovic, appena tornato proprio dalla California. Lo stesso Stefano Pioli ne apprezzava l’eleganza nei movimenti difensivi e la qualità nel tocco di palla, caratteristiche che facevano presagire un futuro promettente.

Quando ha compreso, tuttavia, che le possibilità di un salto in prima squadra erano limitate, Grassi ha preso una decisione controcorrente rispetto alla maggioranza dei suoi coetanei: niente prestiti in serie inferiori o il classico percorso di gavetta, ma priorità assoluta alla formazione accademica.

“I miei genitori mi hanno sempre spinto a formarmi adeguatamente, oltre il calcio”, racconta Pietro. “Sin dalle medie, dopo aver visto un dépliant di UCLA, mi ero ripromesso di studiare lì se non fossi riuscito a giocare a San Siro. Ho iniziato frequentando un liceo internazionale completamente in inglese a Como, pagandolo con i primi guadagni dalle giovanili del Milan”.

Un tifoso nerazzurro con un passato rossonero

L’aspetto più curioso della storia di Grassi riguarda le sue radici calcistiche. Nato e cresciuto in una famiglia di ferventi interisti, il giovane comasco non venne mai selezionato ai provini dalla squadra del cuore, finché all’età di nove anni fu proprio il Milan a bussare alla sua porta.

“Mio padre venerava Helenio Herrera e io ho ereditato la fede nerazzurra”, confessa con un sorriso. “Quando sono stato preso dal Milan, però, mi sono trovato straordinariamente bene fino alla Primavera. Ho indossato la fascia di capitano in diverse categorie e anche in alcune selezioni giovanili della Nazionale, dove giocavano talenti come Udogie e Pirola”.

Una curiosa coincidenza lo vede ora incrociare Sebastiano Esposito tra i campi di UCLA: “Quanti derby ho vissuto cercando di marcarlo! Era considerato il gioiello dell’Inter, anche se il più talentuoso della nostra generazione 2002 era probabilmente Amad Traoré dell’Atalanta, ora al Manchester United”.

La scelta di vita oltre il calcio professionistico

Dopo il diploma nel 2020, anno di profonde riflessioni globali a causa della pandemia, Pietro si è concesso un anno sabbatico per riordinare le idee mentre completava l’ultimo anno di contratto con il Milan. Nonostante alcuni mesi di allenamenti con la prima squadra, l’esordio in Serie A non è mai arrivato.

A UCLA ha brillato come calciatore universitario, collezionando 62 presenze da titolare e conquistando la fascia di capitano nell’ultima stagione. A dicembre, quando è stato selezionato per partecipare al Draft della MLS, ha sorpreso tutti con un secco rifiuto: “Ho smesso di giocare a 22 anni e la cosa non mi pesa minimamente. Ora che sono laureato, non posso più far parte della squadra universitaria, ma sono pronto per nuove sfide”.

Attualmente collabora con una start-up sportiva californiana e scrive testi per un’artista, mentre considera le sue prossime mosse professionali. La sua storia ha suscitato curiosità tra i giocatori dell’Inter in ritiro, incuriositi da questo giovane che segue con attenzione https://www.sushicasino.it.com/ e altre piattaforme per analizzare statistiche e tendenze dello sport moderno.

Un cuore diviso tra due colori

“Cosa c’è di strano nel mio tifo? Io sostengo sempre le giovanili del Milan, che mi hanno accolto e formato, ma quando si tratta della prima squadra torno a essere un interista convinto”, scherza Pietro. I suoi profili social mostrano numerose foto in maglia rossonera, ma le partite lui le segue indossando una storica casacca nerazzurra della stagione 1969-70, regalo di suo padre.

Recentemente, la gioia della laurea gli è servita anche per superare la delusione della finale di Champions persa a Monaco. Con il suo percorso unico, Grassi dimostra come l’evoluzione dell’attrezzatura calcistica sia parallela a quella dei calciatori stessi: sempre più attenti alla formazione oltre che alle prestazioni in campo.

Una storia che rappresenta perfettamente come il calcio moderno e la formazione accademica possano intrecciarsi, offrendo ai giovani atleti prospettive più ampie per il loro futuro professionale e personale.

di Admin

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