Gio. Nov 6th, 2025

La Serie A insegue la Premier League: un’analisi economica

La forbice economica tra Serie A e Premier League non è mai stata così ampia. Il campionato inglese continua a crescere grazie agli investitori globali ed ai contratti televisivi miliardari, e invece l’Italia resta indietro, frenata da strutture obsolete e da una gestione frammentata. Basti pensare che nella stagione 2024/25, alle casse dei club italiani sono andati circa 900 milioni di euro provenienti dai diritti TV, mentre la Premier League è arrivata a ben 3,4 miliardi. Un divario di oltre 2,5 miliardi rivela un sistema che non riesce a competere neppure sul piano strutturale, al punto che il Southampton, retrocesso in Championship, ha guadagnato più dell’Inter, la prima società calcistica italiana.

Le big italiane tengono il passo di una corsa in salita

Al netto di questo abisso economico, i club italiani continuano ad avere un ruolo importante nelle competizioni europee. Negli ultimi dieci anni, Juventus, Inter, Roma, Atalanta e Fiorentina hanno raggiunto numerose finali, spesso con budget nettamente inferiori ai rivali inglesi o spagnoli. È la dimostrazione di una qualità sportiva che resiste, ma che non basta più a compensare la distanza economica.

Il nuovo accordo sui diritti televisivi interni, in vigore fino al 2029, rappresenta l’ennesima occasione mancata. Dai 1,15 miliardi annui previsti, si è scesi a 900 milioni, una cifra ferma, mentre in Inghilterra la Premier League ha siglato un contratto da 8 miliardi complessivi. E non è solo questione di volumi interni, visto che la recente intesa tra la lega britannica e BeIN Sports per l’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa) porterà 215 milioni di euro l’anno, quasi quanto l’intero incasso estero della Serie A.

La Juventus e le altre società italiane provano a reagire, scegliendo la via della sostenibilità e della valorizzazione dei talenti, dopo anni di bilanci gonfiati e plusvalenze. L’Inter e il Milan, spinte da proprietà statunitensi, guardano invece al futuro nuovo stadio di San Siro, che dovrebbe assicurare nuovi flussi di cassa da hospitality, eventi e marketing. Ma i tempi della burocrazia italiana rischiano di far perdere terreno ancora una volta. Clicca Qui per osservare quanto il settore sportivo stia cercando nuovi modelli di business più trasparenti e sostenibili.

La Serie A chiede una riforma

Senza un cambiamento strutturale, la Serie A rischia di restare un torneo di grande storia ma di scarsa competitività. L’idea di ridurre le squadre da 20 a 18, seguendo l’esempio di Bundesliga e Ligue 1, è tornata d’attualità, con l’idea che meno partite significherebbero più qualità, meno infortuni e spazi migliori per rilanciare Coppa Italia e Supercoppa. Tuttavia, i club di seconda fascia temono di perdere visibilità e incassi, frenando qualsiasi riforma.

Nel frattempo, la sopravvivenza economica passa dalle coppe europee e dai ricavi FIFA, che rappresentano l’unico modo per bilanciare i conti. L’Inter, finalista in Champions, ha incassato oltre 150 milioni di euro tra premi e stadio, mentre il nuovo Mondiale per Club potrebbe garantire cifre record a chi parteciperà. Ma l’intensità del calendario rischia di logorare le rose e di spingere i club in un circolo vizioso, in cui servono risultati per guadagnare, ma si rischia di compromettere la stagione per inseguirli.

Solo così la Serie A potrà tornare ad essere un campionato economicamente sostenibile e competitivo su scala globale.

di Admin

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